UEPE O bed and breakfest
LA USB scrive al ministro sulla questione degli UEPE
Questa Organizzazione Sindacale, deve rivolgersi a Lei, Signor Ministro, per denunciare lo scempio che l’Amministrazione Penitenziaria sta facendo degli Uffici per l’ Esecuzione Penale Esterna di questo Paese.
Già da molto tempo ormai questi Uffici, da sempre considerati la Cenerentola dell’Amministrazione Penitenziaria, sono soggetti a continui ingiustificati attacchi, per lo più gratuiti, ma soprattutto dovuti alla sostanziale ignoranza di chi li ha gestiti e li gestisce a livello nazionale. Dapprima è stato incaricato della loro gestione un magistrato, che – assolutamente all'oscuro di questa realtà – si è affidato a dirigenti che hanno pensato più alle loro carriere personali che allo sviluppo del servizio; poi il compito è toccato un dirigente penitenziario che da sempre (anche prima di questo incarico) ha cercato di appiattire questo servizio sulle modalità carcerarie e carceriere, dando disposizioni che non hanno sicuramente contribuito allo sviluppo del servizio nella sua specificità.
In questo contesto i Dirigenti di Servizio Sociale degli Uepe sono stati per lo più assenti, adeguandosi acriticamente a quello che una Amministrazione Centrale con assoluta incompetenza richiedeva loro.
Nel frattempo le incombenze del singolo Assistente Sociale sono aumentate, molti di questi professionisti sono andati in pensione, il carico di lavoro si è incrementato e complessificato a dismisura, con conseguente ricaduta sull’operatività dei singoli.
Allo scopo di banalizzare le loro funzioni e la loro operatività si aggiunga che le uscite dall’Ufficio per lavoro vengono chiamate “gite di servizio”, quasi che effettuare interventi a favore di detenuti domiciliari o affidati fosse il presupposto di un pic nic o di una scampagnata spensierata e divertente. La quasi completa assenza di auto di servizio, di personale che svolgesse compiti di autista, troppo spesso li ha posti in conflitto con le Direzioni che avrebbero preteso che fossero gli Assistenti Sociali ad anticipare le spese di missione nell’uso dei mezzi pubblici, dimenticando che il lavoro dell’Assistente
Sociale , nei suoi compiti di aiuto e controllo li porta inevitabilmente all’esterno per conto dello Stato.
Rimane così un Ufficio Centrale assolutamente avulso dalla realtà della periferia, che anziché sostenere gli uffici dipendenti li affossa scientemente, seguendo un percorso precostituito, del quale se ne aveva sentore, ma di cui oggi siamo sicuri, alla luce di quanto sta accadendo. Agli operatori viene assegnato un numero elevato di casi senza alcuna indicazione in ordine alle priorità, anzi in Uffici come Napoli o Palermo gli Assistenti Sociali sono stati lasciati in balìa degli utenti, che si ritengono gli arbitri della qualità della prestazione in assenza di una consapevole Dirigenza, permettendosi di valutarne il lavoro e tentando forse di condizionarli perché essi vengono indicati come i responsabili delle inadempienze, dei ritardi.
La delegittimazione costante e continua della storia e della valenza dell’area dell’esecuzione penale esterna passa attraverso precise strategie e attacchi, negli ultimi anni sempre più violenti.
In questa cornice è palese come l’assalto alla gestione alle misure alternative alla detenzione, da parte della Polizia Penitenziaria, già tentato in passato sia nuovamente oggi più che mai presente: anche e soprattutto in considerazione dello sfiancamento realizzato dall’Amministrazione Centrale nei confronti di questi Uffici, privati non solo di mezzi, di risorse, di personale, ma anche di quel riconoscimento valoriale che discende direttamente dal mandato costituzionale.
Già il Presidente Tamburino ebbe ad affermare che, rispetto alla gestione concreta delle misure alternative vi è la necessità di interrogarsi sul tema del controllo e dell’afflittività: è un problema posto sul tavolo e, come Organizzazione Sindacale, siamo disponibili a tutte le possibilità di ragionamento professionale e organizzativo sulla questione. Non possiamo tuttavia tollerare toni offensivi e screditanti sulla operatività di servizi che con una minima quota di risorse e di personale rispetto a quella assegnata al carcere, garantisce sicurezza sociale e reale recupero dei condannati, come confermano le statistiche.
Tuttavia, nel corso dell’ultimo incontro di contrattazione, la Dott.ssa Matone, Vice Capo Vicario del Dipartimento, anziché riconoscere le reali difficoltà in cui si dibatte il Servizio, ha affermato, con la sicumera che le è consueta, che “ bisogna far capire che gli UEPE sono Uffici per l’Esecuzione Penale, non bed and breakfast o hotelleries che dir si voglia”.
Cosa voleva dire: che oggi negli UEPE si mangia, si beve, si dorme, si fanno “gite di servizio” e non si lavora? E che bisogna pensare ad un diverso sistema di “rieducazione” dal momento che lì gli affidati in prova al servizio sociale, i detenuti domiciliari non vengono pestati a scopo educativo, ma viene applicato quotidianamente il dettato dell’art. 118 del regolamento penitenziario che prevede che “al soggetto viene offerta la possibilità di sperimentare un rapporto con l’autorità basato sulla fiducia….senza interventi di carattere repressivo”?
A questo punto non ci sono più dubbi. L’intento è quello di emarginare gli Assistenti Sociali nel loro lavoro e far riemergere l’idea Mastella di istituire i Commissariati della Polizia Penitenziaria sul territorio.
Non siamo d’accordo, ma è necessario essere chiari e che l’Amministrazione si assuma la responsabilità delle scelte che fa.
Purtroppo il metodo usato in questa occasione è il cosiddetto “metodo Boffo” . Per raggiungere lo scopo si spara fango sia sui singoli che sul gruppo con neanche tanta sottigliezza, con l’intento di giustificare scelte diversamente non giustificabili, creando il dubbio che poi non tutto sia così limpido,e quindi necessita di interventi significativi, il tutto fatto con un tono volutamente salottiero, che comunque scredita le persone oggetto della conversazione.
E’ appena il caso di rammentare che la trattativa scaturita dall’idea dell’On.le Mastella si è arenata perché i poliziotti, che già mal sopportano la dipendenza dai Direttori di carcere, non tolleravano proprio l’idea di essere sottoposti ai Dirigenti di Servizio Sociale. Ora, la strategica diminuzione nell’organico di questi ultimi e la previsione di una loro presenza negli Uffici EPE dei Provveditorati Regionali, e la eventuale presenza della polizia Penitenziaria negli UEPE portano con sé sicuramente interrogativi non di poco conto e comunque vanno verso l’azzeramento delle Misure Alternative.
L’ attacco agli Uffici di Esecuzione Penale, diventano a questo punto un attacco alle misure alternative, che trovano nel servizio la loro espressione.
Tutto questo, Signor Ministro dimenticando che i metodi carcerari producono recidiva, le misure alternative no. Bisogna quindi distruggere ab initio la dimostrazione che il carcere non serve ma le misure alternative sì perché recenti studi hanno messo in luce che la recidiva dei sottoposti a Misura alternativa è del 19%, mentre quella dei detenuti usciti dal carcere alla scadenza della pena è del 68%.
Questo ci dice che i metodi del carcere sono fallimentari, mentre quelli alternativi sono fortemente significativi.
Ma di tutto questo non si vuole parlare. Sintomatica l’ultima contrattazione sulle dotazioni organiche a gennaio: si pensa di tagliare il poco personale del comparto ministeri e le Dirigenze del Servizio Sociale, mentre il comparto sicurezza viene sempre garantito e sviluppato. Queste scelte miopi e sciagurate ci hanno fatto provocatoriamente chiedere di chiudere gli Uepe, stante l’assoluta inesistenza - ad oggi - di prospettive di impulso ed indirizzo di questi servizi. Esse sono dettate da una colpevole ignoranza della qualità e della ricchezza del lavoro svolto dagli Uepe in oltre trent’anni di storia .
Una memoria svenduta dai Dirigenti di Servizio Sociale, che non hanno avuto e non hanno parole rispetto allo scempio compiuto, memoria coltivata con scientifico disprezzo negli uffici centrali del Dap , come una macchina rotta di cui si devono vendere i pezzi.
Questi servizi devono morire perché la loro storia e la loro esistenza sono scomodi rispetto al modello carcerocentrico, costoso, inefficace, patogeno, suicidario ma che serve all’immaginario forcaiolo della società e alle tasche di chi ci si arricchisce.
L’esistenza del fatto che un’altra pena è possibile dimostra il fallimento dei metodi detentivi, ma questi servizi devono diventare l’ultimo scampolo clientelare e di potere, deve essere minata alla base la credibilità delle misure alternative usando i metodi berlusconiani di attacco e denigrando i lavoratori e il lavoro di questi servizi.
E per distruggere le misure alternative non ci vuole molto: basta un giovane magistrato o un Dirigente Penitenziario (abbiamo già visto questo film), che non ha esperienza sul campo e che forse ha letto sui manuali di procedura penale l’esistenza delle misura alternative alla detenzione, ma non ne conosce i risvolti e che, per cultura che gli è propria, si affiderà in toto alla polizia penitenziaria e non a quattro “sgarrupati” Assistenti Sociali.
Le chiediamo pertanto, Signor Ministro, un incontro urgente.
Grazie per l’attenzione
P.ILCOORDINAMENTO USB PENITENZIARI
Augusta Roscioli