SITUAZIONE CARCERI: LA RdB SCRIVE AL MINISTRO

L’invito fatto a questa O.S., unitamente alle altre del Comparto Ministeri, offre l’occasione per riflettere sulle ultime, in ordine di tempo, scelte dell’Amministrazione che appaiono sicuramente inquietanti e che ne mettono l’operatività concreta al di fuori della norma.

 

Questa ha come base il dettato costituzionale: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” , ma le ultime decisioni dell’Amministrazione portano sicuramente verso una sempre più concreta segregazione e basta, verso il contenimento privo di contenuti.

 

I tanti suicidi che si sono succeduti all’interno dei nostri Istituti ne sono la prova provata e a nulla valgono risposte date solo per dire che si è fatto qualcosa. Il coinvolgimento del volontariato ma non quello degli operatori preposti al trattamento del detenuto, quali educatori, assistenti sociali, psicologi non può dare risultati perché è avulso dal reale contesto operativo, né si può ipotizzare che il volontariato – da solo - possa contenere tale fenomeno. D’altro canto non è credibile l’ipotesi che i cosiddetti gruppi di ascolto della Polizia penitenziaria, da soli, possano oggi arginare un fenomeno che talvolta coinvolge anche loro, ma al quale la tradizione culturale del Corpo non ha assolutamente mai guardato. Sicuramente questa è la strada da percorrere, ma oggi non costituisce la soluzione del problema.

 

Viene da pensare, invece, che si voglia azzerare tutta l’esperienza rieducativa fin qui condotta con grande sforzo e motivazione anche e soprattutto dal personale preposto al trattamento, sforzo rivolto anche nel coinvolgimento su questo livello operativo della Polizia Penitenziaria. Non si spiegano altrimenti le ultime scelte sancite da Contratto integrativo di Ministero, che fa diventare l’Educatore Funzionario Giuridico- Pedagogico e l’Assistente Sociale Funzionario di Servizio Sociale dando come contenuto, alla declaratoria dei profili, un significato generico e soprattutto identico.

 

 

 

Infatti la figura dell’Educatore, ora rinominata “Funzionario della Professionalità Giuridico- Pedagogica” è prevista dalla legge con il termine Educatore, proprio perché le sue funzioni sono specificamente educative: questi è un operatore interamente dedicato alla cura dei problemi individuali e di gruppo, che i soggetti detenuti presentano, ed hanno il compito peculiare di stabilire con essi un rapporto pedagogicamente valido, capace di umanizzare l’intervento rieducativo e di facilitare il processo di reinserimento sociale.

 

Agli art. 13, 16, 21, 27, 30 ter, 40, 82, della Legge 354/75 e nel successivo Regolamento di Esecuzione – DPR 230 del 30.06.2000, si parla espressamente di Educatore agli art 29 e 56. La legge quindi prevede la figura dell’Educatore e non del Funzionario Giuridico – Pedagogico proprio perché la stessa considera funzioni squisitamente educative.

 

Analogo discorso vale per gli Assistenti Sociali, ora chiamati Funzionari di Servizio Sociale, i cui compiti sono attribuiti dalla legge 354/75 agli art. 13, 16, 21, 27 ,30 ter, , 47, 55, 72, 81 e nel successivo regolamento di esecuzione - DPR 230 del 30.06.2000 all’art.118 si definiscono meglio ed in modo dettagliato le attribuzioni degli Assistenti Sociali e degli UEPE.

 

Se è vero, come è vero che gli A.S. sono pesantemente sottorganico, aggravato dai prossimi pensionamenti, ( 200 circa su 1000, quindi il 20%) e se è vero, come sembra, che si sta andando verso un sistema di “messa alla prova” perché si vuole vanificare l’esperienza felice fin qui condotta di reinserimento vero realizzato, dimostrato soprattutto dalle mancate recidive? Perché si vogliono umiliare questi professionisti e facendoli diventare dei rigidi burocrati? Sicuramente fa parte di un piano oramai non più tanto occulto che vuole il carcere mero contenitore “di carne umana”.

 

Ma non basta. Anche la legge sui Profili Professionali – peraltro mai abrogata- DPR 29 dicembre 1984, n.1219 – integrati e modificati con DPR 17 gennaio 1990, n.44, parla espressamente di profilo di Educatore e di Assistente Sociale, dando dei contenuti precisi e dettagliati. La semplificazione voluta dalla Funzione Pubblica non significa pertanto azzerare le competenze di queste due figure volute dal legislatore per cambiare le quali, secondo la gerarchia delle norme, non basta sicuramente un accordo peraltro di minoranza tra le parti, di cui questa O.S. ne chiede la rinegoziazione.

 

Tutto questo per dire che è in atto un piano per l’azzeramento a tutto campo dell’esperienza di trattamento fin qui fatta. Va ribadito che, se certe funzioni sono previste per legge, non se ne possono azzerare i contenuti. Non bisogna essere giuristi per capire che siamo nel campo della pura illegittimità.

 

Non si è ancora capito che se i detenuti sono messi in grado di scontare serenamente la loro pena, se ne giovano tutti, a partire dai poliziotti, le cui condizioni di lavoro vanno tutelate al pari degli altri lavoratori del penitenziario, non sollecitando la contrapposizione agli altri operatori, ma insieme agli altri.

 

Tanto premesso vorremmo dare un nostro contributo più operativo:

 

 

 

Se è vero, come sembra dagli studi condotti anche dall’Amministrazione, che il 30% dei detenuti esce dal carcere al momento della convalida dell’arresto, perché non pensare a costituire delle case d’arresto utilizzando anche strutture demaniali, quali le caserme dismesse dal Ministero della Difesa? Questo consentirebbe un numero di detenuti accettabile, ma soprattutto vi sarebbe un risparmio notevole in ordine alla prestazione di servizi, erogando solo quelli indispensabili.

 

La differenziazione degli Istituti. E’ di tutta evidenza che le offerte trattamentali fatte devono tener conto della posizione giuridica dei detenuti presenti.

 

Nella previsione degli ambienti è opportuno considerare la necessità di creare zone per attività in comune: scuole, laboratori, spazi per il tempo libero, sia culturale che sportivo.

 

Il fatto che sia stata impedita l’apertura dell’Istituto per transessuali a Empoli è un segnale fortemente negativo perché, al di là delle nostre convinzioni religiose e morali, questi esistono e vanno rispettati come persone. Negli Istituti si trovano nelle sezioni protette, dove sono stipati insieme ai sex offenders o nelle sezioni femminili.

 

Perché non realizzare per ogni Provveditorato un Istituto totalmente femminile? La presenza di donne in sezioni di Istituti maschili non permette la necessaria attenzione alle problematiche della donna. E non si valorizza né la donna detenuta, né la Polizia Penitenziaria femminile in una costante subordinazione di vita quotidiana, gestendo la sezione femminile allo stesso modo del maschile.

 

L’OPG, dopo la riforma della sanità Penitenziaria ed il passaggio dei medici alle ASL, è diventato nuovamente carcere allo stato puro, di cui i malati non se ne giovano. Basti dire che i Direttori Amministrativi vi si recano in missione, ed il più delle volte tale istituto è nelle mani di qualche Commissario, non sempre illuminato.

 

Da ultimo, ma non per importanza, non può sfuggire che il superamento dell’emergenza carcere non può prescindere da un investimento finanziario adeguato: da troppi anni assistiamo al taglio del budget sui capitoli dell’Amministrazione Penitenziaria, che incide sulla gestione quotidiana e la vivibilità delle carceri: si fa riferimento sia al mantenimento detenuti che ormai diffusamente accusano segni preoccupanti di fame, sia alle utenze: gas, luce, acqua che, incidendo pesantemente sulla vita dei detenuti, sono alla base di molte agitazioni, cosa che può soltanto aggravarsi con l’approssimarsi dell’estate..

 

 

 

Il Coordinamento RdB Penitenziari

 

Roma, 12 aprile 2010