LETTERA AL MINISTRO CANCELLIERI SULLA DISASTROSA CONDIZIONE AGLI UEPE

Roma -

Questa O.S. intende rappresentare alla S.V. la scelta politica dell’Amministrazione Penitenziaria di distruggere , senza se e senza ma, le strutture dell’Esecuzione Penale Esterna , invalidando così il sistema stesso delle misure alternative.

Sono anni che l’USB denuncia lo stato di degrado in cui le misure alternative sono costrette ad operare. Infatti tale progetto parte da lontano, dapprima con la predisposizione alla Dirigenza dell’Esecuzione Penale Esterna di un Magistrato assolutamente incompetente che ne ha cominciato lo smantellamento, rivelando così a chiare lettere la sua indifferenza per il dettato normativo e per la valenza –nella fattispecie – delle misure alternative. In parallelo al disconoscimento del sistema, sono cominciate le prime azioni destabilizzanti ed una puntuale delegittimazione della professionalità chiamata dalla legge a gestire dette misure. Si è data voce soltanto a quei dirigenti che parlavano di Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna come di un carcere senza sbarre, in un tentativo di acquistare posizioni di rilievo, che fossero omologate a quelle dei colleghi del sistema detentivo, richiedendo per essi tutti gli strumenti che il carcere possiede, mettendo colpevolmente sullo stesso piano due misure non comparabili.

Quel Dirigente Generale ha sottovalutato che i promotori di tali proposte fossero solo assetati del potere già riconosciuto ai colleghi dirigenti degli istituti penali. E’ stata pertanto avanzata richiesta di personale ( soprattutto della Polizia Penitenziaria perché solo questo dà loro visibilità), di mezzi strumentali funzionali più alla dirigenza che agli operatori sul territorio….

In questo contesto di rincorsa del carcerario “strictu sensu”, questi stessi dirigenti hanno perso di vista la politica dell’esecuzione penale sul territorio, andando ad assumere una modalità direttiva, tarata sugli aspetti formali e fiscali, come paradossalmente contare i minuti che un’assistente sociale “spreca” in un colloquio, ignorando volutamente la valenza trattamentale di quello strumento. Contestualmente, nella ricerca di un potere che non poteva appartenere loro, questi dirigenti si sono fatti scippare tutte quelle iniziative che collegavano il carcere al territorio, per cui oggi essi non sono presenti in termini di qualità neanche quando si parla di programmi per le custodie attenuate( quanto, per esempio, essi sono presenti nell’attuale progettazione delle ICAM?, oppure quanti di essi si sono attivati seriamente per lo sviluppo di serie attività trattamentali monitorate dall’Amministrazione quali la scuola, il lavoro , la formazione lasciate gestire in toto ad altri soggetti spesso del privato sociale che ne ricavano congrui compensi )

Questi Dirigenti hanno consentito che il Capo del Personale affermasse che gli Assistenti Sociali sono “galline starnazzanti”, senza difendere e tutelare professionisti, che tutti i giorni seguono le persone in misura alternativa rispondendo ad un delicato e importante mandato istituzionale , contribuendo alla costruzione della sicurezza sociale , alla diminuzione della recidiva, che lo ricordiamo, è pari al 19%, contro il 70% del regime carcerario. Ma questo non va bene ….neanche all’attuale Capo del DAP che non perde occasione per dire – e lo fa in quasi tutti i convegni cui prende parte - che “le misure alternative sono troppo poco afflittive”.

 

Ci spiace pensare che un ex Magistrato di Sorveglianza, un ex Presidente del Tribunale di Sorveglianza, oggi capo del DAP non sappia che le misure alternative sono esecuzione penale, tanto quanto la pena detentiva

Non è forse restrizione della libertà dover rientrare a dormire in carcere come nella semilibertà o non è forse restrizione della libertà doversi confrontare costantemente con l’impianto prescrittivo contenuto nelle misure alternative, particolarmente rigido nel caso della detenzione domiciliare? Non a caso citiamo queste due misure e non l’affidamento in prova al servizio sociale che, appunto ritenuto poco affittivo da molta parte della Magistratura di Sorveglianza, viene concesso col contagocce quando, in realtà, viene ad essere la misura principe con cui il condannato può sperimentarsi in un rapporto fiduciario con le istituzioni e con il contesto sociale. L’Esecuzione Penale Esterna sconta il peccato originale di essere diversa dal carcere, di utilizzare percorsi di inclusione sociale che non evocano il suggestivo richiamo alla “certezza della pena” o alla garanzia della sicurezza intesa come il “chiudiamoli dentro e buttiamo via la chiave”. Il carcere , è sotto gli occhi di tutti, è fallimentare eppure continua a richiamare risorse, personale, investimenti . Per tutti i vertici politici e amministrativi della Amministrazione Penitenziaria, malgrado gli accenni, i buoni propositi di ricorrere a misure deflattive , vale il richiamo della sirena atavica che promette al reo privazione della libertà tout court e punizione .

Ecco che allora si preferisce tenere migliaia di persone nell’afflittività a marcire nell’incuria del carcere soggiacendo al nulla, alla malattia, all’assenza di affetti senza poter fare nulla per tornare a casa , quando c’è la casa visto che gran parte dei detenuti nelle nostre carceri sono persone emarginate e prive di risorse.

L’Europa ci sta costringendo ad aprile le celle , a quando Signor Ministro, un gesto di semplice buon senso che riguardi l’ investimento sull’alternativa al carcere, meno costosa e più efficace?

L’ordinamento penitenziario prevede che l’Esecuzione Penale sia unica, perché unica è la pena: come dice la Costituzione Repubblicana è una delle competenze dello stato centrale.

Stante lo sfascio cui stiamo assistendo, di cui i Dirigenti del DAP sono colpevolmente consapevoli ,è stata costituita una commissione a livello centrale presso la DGEPE con lo scopo di “riordinare” il settore. Le risultanze di questo lavoro sono sconosciute ai più, ma sono state fatte trapelare ad arte tra gli amici e gli amici degli amici, per sondarne gli umori e tuttavia in modo da poter affermare che di “scritto non c’è niente”, secondo la più becera tradizione della galera.

Nei fatti c’è la realtà: nessuno che si impegni a far sì che questo settore venga comunque valorizzato, attraverso una implementazione del personale, che è allo stremo e le cui carenze si attestano, a causa di pensionamenti non sostituti e spending review, intorno al 50%.

Non è solo la carenza di risorse umane a rappresentare il problema. Mancano mezzi e strumenti,a partire dagli stabili che ospitano gli uffici: addirittura abbiamo una circolare che dispone che non vengano rinnovati i contratti di affitto, perché troppo onerosi ed in molte situazioni si stanno cercando soluzioni dentro le mura del carcere.

Tutto ciò in barba alla legge ( art.118 comma 4 D.P.R.n.230/2000) affermando che si è fuori dalle mura, solo perché si stanno individuando soluzioni di aperture che non facciano passare né l’utenza, né i dipendenti dal portone del carcere, mentre si stanno inventando le portinerie affidate alla Polizia Penitenziaria, che si dà per scontato debba essere preparata al compito.

Solo taluni Direttori seriamente impegnati hanno trovato soluzioni tra i beni demaniali e tra quelli confiscati alle organizzazioni criminali. La maggior parte di loro non si sta attivando perché costa fatica ed impegno, ed accettano le soluzioni proposte dal DAP. Ma sono queste le più economiche visto che gli stabili dell’Amministrazione che si vorrebbero utilizzare necessitano di vistose ristrutturazioni?

 

 

 

 

C’è poi da tener conto della circostanza che gli Istituti di Pena sono distanti dai centri delle città e, specialmente al sud, i mezzi pubblici funzionano poco e male, e - non solo il lavoratore - ma anche l’utente, e gli operatori dei servizi sul territorio su cui l’UEPE si raccorda , avrebbe difficoltà a raggiungere gli uffici.

Mancano poi le auto che permettano agli Assistenti Sociali di spostarsi sul territorio, e quest’anno ci sarà un’ulteriore contrazione: i contratti di leasing non verranno rinnovati per gli UEPE, ma soltanto per gli Uffici Traduzioni dei detenuti, quasi che solo questi ultimi uffici abbiano il dovere indiscutibile di intervento, spesso non procrastinabile.

Mancano i computer, i toner, c’è una continua richiesta di limitare le telefonate di servizio…..

I Dirigenti stanno andando tutti in pensione e quei pochi che rimangono vengono trattati da Superman o da funzionari apicali che possono fare tutto per non fare niente in maniera incisiva ed efficace. Si può pensare che all’ unico Dirigente, presente nel Veneto, già titolare dell’UEPE di Venezia- Treviso-Belluno, venga richiesto di gestire anche gli UEPE di Padova, Verona, Trento, Trieste ed Udine oltre all’ufficio EPE del PRAP? Dove va a finire la conoscenza e l’interazione con il territorio, necessari per realizzare un significativo progetto di reintegrazione sociale? La risposta è una: il dirigente si avvarrà della collaborazione degli Assistenti Sociali che finora hanno avuto la reggenza, senza i giusti, anche se minimali riconoscimenti economici , che hanno fatto opera di supplenza rispetto al Dirigente. Perché dopo averli sfruttati umiliarli in questo modo?

Le sedi di Dirigenza sono state drasticamente ridotte da 50 a 39 e i posti salvati sono stati individuati per promuovere, senza colpo ferire, gli amici e ancor prima erano state istituite per gli stessi motivi: perché una sede di Dirigenza a Trieste? Perché a L’Aquila o a Viterbo? Andando in pensione i destinatari di quel beneficio, le sedi “miracolosamente” scompaiono. Andiamo a vedere “il volume d’affari” di questi Uffici, ed andiamo a vedere quelli che invece ne sono stati lasciati fuori.

In Sicilia tre uffici sono sedi di Dirigenza e queste rimarranno, ma gli uffici non dirigenziali saranno ulteriormente declassificati e dovranno diventare sedi di servizio, quindi dipendenti dai dirigenti presenti in regione. La cultura di Palermo è uguale a quella di Trapani o a quella di Caltanissetta ed il Dirigente individuato è in grado di rispondere ad esigenze così diverse? Non solo. Verranno soppressi, secondo quanto si è saputo in ordine a questo progetto, gli Uffici EPE dei Prap, quasi che l’esecuzione penale esterna non appartenga più all’amministrazione penitenziaria regionale facendo così venir meno anche il necessario coordinamento regionale tra istituti e UEPE.

Il coordinamento tra gli UEPE presenti in una medesima Regione dovrebbe essere assicurato dal Direttore di quello più importante sul territorio. La scelta è antistorica, perché la società sta andando verso un progressivo federalismo, proprio per valorizzare le situazioni presenti in ambito regionale. Inoltre c’è un particolare non da poco da considerare: se in un UEPE vi sono dei problemi, non ci sarà a livello regionale nessun organo superiore, super partes che valuterà …. Ci sarà solo la difesa del più forte: cane non morde cane, come dice un antico proverbio.

Signor Ministro siamo allo sfascio, perché nelle scelte prevale l’ambizione personale, piuttosto che l’interesse del servizio e dell’Esecuzione Penale Esterna.

A questo punto viene da dire che sia allora inutile anche una Direzione Generale a ciò preposta. Così avremo distrutto completamente questo settore dell’esecuzione penale.

E poi? Poi avremo le agenzie per la probation…. Con buona pace di tutti e di quanti prenderanno i finanziamenti a ciò destinati.

Si ringrazia per l’attenzione e si reitera un incontro urgente con la S.V.