Il piano del Ministro è una bufala.
Nella giornata di ieri, 26 gennaio 2010 le OO.SS. sono state convocate dal ministro, Onorevole Angiolino Alfano per la presentazione del Piano carceri, varato dal Consiglio dei Ministri, insieme alla dichiarazione dello stato di emergenza nella strutture penitenziarie del paese.
Va premesso che la presenza del personale del Comparto Ministeri si è avuta grazie alla pressante richiesta fatta da questa O.S. , che ha rivendicato pari dignità con le sigle rappresentative del Corpo, inizialmente invitati esclusivi. La convocazione, tuttavia, è avvenuta a tavoli separati.
Il Ministro ha rappresentato i tre pilastri fondanti il piano: l’edilizia, l’assunzione di circa 2000 unità di personale della polizia Penitenziaria, la concessione degli arresti domiciliari a chi ha un residuo di un anno di pena, e la implementazione del “probation” attraverso la messa alla prova.
Sono poi intervenute le varie OO.SS.. C’è da rilevare che gli interventi della CISL e del SAG-UNSA sono stati gli unici interventi che hanno reso plauso alle iniziative governative.
La RdB, nel prendere la parola, ha ringraziato per l’invito, ma ha sottolineato come, ancora una volta, sia stata usata discriminazione nei confronti del personale del comparto ministeri, e solo le richieste pressanti di questa O.S. hanno permesso la presenza a quel tavolo.
La RdB ha inoltre denunciato la scorrettezza sostanziale nelle relazioni sindacali, rammentando l’episodio della firma del Contratto Integrativo della Giustizia, e ricordando come – aggravando la situazione – si sia giunti al secondo accordo, che era la sostanziale prosecuzione del primo, senza convocare le OO.SS. ma con un’intesa sottobanco con CISL e UNSA SAG, non permettendo confronto, ma soprattutto pervenendo ad un accordo riduttivo in danno di molti lavoratori. Questa O.S. ha annunciato che si procederà per via giudiziaria, avendo dato agli avvocati il mandato di tutelare i propri interessi.
Tuttavia non ci tiriamo indietro, in questo momento difficile. Se l’emergenza c’è - e sappiamo bene che c’è – tutti debbono fare la loro parte: dall’ultimo usciere al Dirigente generale, per rafforzare l’istituzione, lasciando da parte le lotte intestine che creano situazioni di estrema difficoltà al personale ed ai detenuti. Noi da parte nostra faremo il nostro.
Abbiamo letto il comunicato stampa del Presidente Ionta che afferma che andranno in pensione 800 unità di Polizia Penitenziaria:lo 0,17% ; ma nessuno dice che tra due anni saranno 200 gli Assistenti Sociali che andranno in Pensione : il 20% . Come si realizzerà il Probation, senza uomini e mezzi? Ricordiamo che un Dirigente UEPE ha fatto un ordine di servizio, nel quale impegna i dipendenti ad usare la propria auto personale. Come si vuole sopperire a queste carenze? E’ necessario che l’Amministrazione Penitenziaria ci pensi, così come al completamento dell’organico degli educatori, scorrendo la graduatoria degli idonei.
Si è detto che, siccome i sottoposti a misure alternative sono persone poco pericolose, per questo motivo la recidiva è bassa. Ma se questo in parte è vero, è altrettanto vero che i sottoposti a misure alternative sono stati trattati. E’ ora di pensare che le politiche securtarie in carcere si fanno soprattutto cercando di evitare la recidiva: non basta rinchiudere le persone, bisogna anche dare gambe al dettato costituzionale, diversamente la società sarà sempre meno sicura e si dovrà andare di emergenza in emergenza. Ma tale priorità non appare tra gli obiettivi del governo.
In tutto questo la soluzione per il personale del comparto ministeri c’è, ed è quella di creare i ruoli tecnici della polizia Penitenziaria, in modo da comprendere nel Comparto Sicurezza tutto il restante personale. Questo non significa affatto confusione di ruoli, e la battaglia che a suo tempo abbiamo fatto per evitare la presenza della Polizia Penitenziaria negli UEPE, la rifaremmo oggi e la rifaremo domani se questo si rendesse necessario.
I ruoli tecnici non sono organi di Polizia giudiziaria e questo quindi non andrebbe in alcun modo ad inficiare il ruolo di conoscenza, sostegno e aiuto, ma eviterebbe lo scandalo che chi fa lo stesso lavoro – sia pure con modalità diverse -abbia trattamenti giuridici ed economici diversificati e, soprattutto non permetterebbe a professionisti seri di essere valutati per quello che sono, sia in termini giuridici che economici.