RdB/CUB contraria all'utilizzo della Polizia Penitenziaria negli UEPE

Roma -

Questo il testo della lettera inviata al Ministro e a tutti i dirigenti (politici ed amministrativi) della Giustizia.


Questa O.S. , così come espresso nella riunione del giorno 14 maggio 2007 è assolutamente contraria all’inserimento della Polizia Penitenziaria negli Uffici per l’esecuzione Penale esterna e questo per i seguenti motivi:

1. l’ ordinamento penitenziario (Legge 354/75)affida al Servizio Sociale il controllo nell’affidamento in prova al Servizio Sociale, il legislatore del 98, riconferma tale disposizione per l’art. 47 ter dell’ordinamento; il legislatore del 2000 infine dettaglia i modi e i tempi degli interventi sulle misure alternative scegliendo come metodologia nel trattamento dei soggetti ad essa sottoposti, quella del Servizio Sociale. Perciò – se si vuole cambiare - si deve intervenire sulla materia con una legge che cambi sostanzialmente la prospettiva e la scelta metodologica che caratterizza le Misure alternative. Alle continue affermazioni che ciò non è necessario  domandiamo: è questa l’applicazione del famoso principio che per gli amici la legge si interpreta e per gli altri si applica? Ci troviamo palesemente in una situazione di interpretazione per di più non corretta.

2. Come si è più volte detto l’inserimento della Polizia Penitenziaria negli UEPE non è né la soluzione dei loro problemi, né la priorità: i problemi sono altri: una dirigenza neghittosa ed arrogante,un  Ufficio centrale dove la professionalità è scarsamente rappresentata, dove per converso pullula la polizia penitenziaria, dove chi dirige non ne conosce la storia e quindi non può leggere criticamente le istanze che vengono dal basso, siano essi dirigenti o assistenti sociali.

3. Tale operazione, per converso, è priorità invece per la Polizia Penitenziaria, per la quale bisogna trovare occasioni di visibilità, sulle quali potremmo anche concordare, ma purchè non sia a scapito di altre categorie professionali, e non passi attraverso la loro denigrazione.

4. Bisogna pertanto invece riconoscere che per trent’anni gli Assistenti Sociali hanno fatto il loro lavoro, quindi hanno reinserito le persone loro affidate con una recidiva assolutamente bassa, mentre è altissima quella di quanti escono dal carcere. Perché cambiare prepotentemente e dall’alto un sistema che ha dato i suoi buoni frutti, e soprattutto farlo violentando gli operatori che non vogliono tali inserimenti? E’ appena il caso di rammentare che l’allora Servizio Sociale – ora UEPE – ha sempre lavorato in situazioni di criticità: senza personale, senza supporti, senza mezzi. E, vale la pena sottolinearlo L’HANNO FATTO BENE

5.  Il D.M. proposto dice che il ruolo della polizia penitenziaria sarebbe quello di “verificare il rispetto delle prescrizioni di comportamento e di permanenza” Che significa tale frase, che i poliziotti seguiranno passo passo  i sottoposti alla misura alternativa?

6. Non si può pensare all’inserimento nell’équipe dell’UEPE della Polizia Penitenziaria, se non per riferire in ordine al rispetto delle prescrizioni. Se nell’ambito dell’Istituto ha un senso inserire nel GOT la Polizia Penitenziaria, perché la persona ristretta è ( o dovrebbe essere ) sotto  costante controllo e la Polizia , se opera correttamente, può avere il polso della situazione personale e comportamentale del ristretto, in questo contesto, dove il detenuto è libero, ci si domanda con quali strumenti la Polizia Penitenziaria interviene, oltre al mero controllo che non può che essere limitato nel tempo e nello spazio. A questo punto non si comprende quali riferimenti possa dare il poliziotto che operi esclusivamente per la verifica. Se fa altro rischia di sovrapporre il proprio operato a quello del Servizio Sociale

7. Altra è l’intenzione di permettere l’ingresso della Polizia penitenziaria nei comitati per l’ordine e la Sicurezza Pubblica, in modo da far lievitare la necessità dei posti di dirigenza. Intenzione legittima e meritoria, ma che si può perseguire in modo diverso da quello preso in considerazione, soprattutto non mettendo in crisi il sistema delle misure alternative.

8. Se, è vero come è vero, che gli Uepe hanno fruito finora del servizio della Polizia Penitenziaria, ciò è stato causato dalla necessità di proteggere e accompagnare le Assitenti Sociali ( Si pensi allo Zen a Palermo o a Scampia a Napoli), dalla necessità di avere aiuti dal punto di vista dell’operatività dell’Ufficio, perché mancano e sono mancati gli operatori dell’area B ( a proposito non si sa dove siano finiti gli operatori dell’area B previsti dalla legge Simeoni che non sono mai arrivati in detti Uffici) . Ma va anche rilevato che non sempre gli agenti assegnati erano all’altezza del compito, perché la possibilità di utilizzarli in questi uffici, ha permesso un diverso utilizzo di lavoratori in difficoltà nel loro ambiente.

9. Appare singolare che le dotazioni strumentali mai date agli UEPE (autovetture di servizio, computer,e financo la carta delle fotocopie ora si trovino per la Polizia Penitenziaria che dovrebbe prestarvi servizio

10. Analogamente, altrettanto singolare appare la previsione che la Polizia Penitenziaria faccia i controlli nell’ambito del Comune di residenza, con l’unico scopo di evitare di pagare le missioni. E fuori del comune vanno ancora bene gli Assistenti Sociali, per i quali non si deve pagare la missione?

11. Va ancora detto che sono previsti tre mesi “intensivi” per la formazione (ma che significa, che lavoreranno, anziché 6 ore, 12 ore?). Si ricorda infine che per formare un cinofilo ci voglio sette mesi.

A questo punto questa O.S. ritiene di dover dare voce alle Assistenti Sociali realizzando un’Assemblea nella seconda metà di giugno. Va comunque detto che se l’Amministrazione Penitenziaria, vuole cambiare le finalità delle misure alternative deve farlo con una legge e si deve assumere la responsabilità di fronte alla storia di aver distrutto quanto una categoria professionale ha costruito in trent’anni. Analogamente dovrà assumersi – di fronte al Paese – la responsabilità di aver negato ciò che gli Assistenti Sociali – anello debole della catena degli operatori – hanno realizzato, con il solo scopo di favorire un’altra categoria professionale: quella della Polizia penitenziaria, che può e deve essere valorizzata, ma si possono trovare altri strumenti per farlo.