NOTA della USB PI Giustizia al Ministro: provvedimenti urgenti per emergenza COVID-19 negli istituti penitenziari.

Roma -

Ministro,

la USB P.I. – Giustizia le scrive a proposito delle carceri.

In questo periodo così drammatico, per ragioni precauzionali e per limitare i rischi di contagio da coronavirus, il Governo ha chiesto al Paese e a tutte le componenti del mondo del lavoro pubblico e privato il blocco delle  attività, laddove possibile, e ha imposto ai cittadini italiani  forme di auto-isolamento e il mantenimento di precise distanze laddove necessario.

In questo contesto il mondo del carcere sembra perpetuare  una paradossale  ed irresponsabile extra-territorialità.

Tutti siamo consapevoli che l’emergenza sanitaria in corso si è abbattuta su una situazione di sovraffollamento delle carceri che ospitano, rispetto alla regolamentare capienza, oltre 10.000 reclusi in eccesso.

Questa situazione già di per sé incandescente unita ai provvedimenti relativi alla sospensione dei colloqui con i famigliari, delle attività interne, dei permessi premi e licenze, ha arrecato un contraccolpo durissimo e giocato un ruolo fondamentale, nelle rivolte che hanno visto coinvolti ventisette istituti penitenziari.

L’esito di queste rivolte, dati ufficiali alla mano provenienti dall’Amministrazione Penitenziaria, è stato drammatico: quindici morti, dato mai registrato nella storia  delle carceri italiane, quaranta agenti di polizia penitenziaria feriti, venti evasi.

Le cifre ufficiali ci  segnalano come le rivolte  abbiano riguardato solo una parte assolutamente minoritaria della popolazione detenuta, la maggioranza, anche negli stessi istituti coinvolti, si è dissociata da azioni violente, evitando così il peggio. 

La USB fa proprio l’appello drammatico proveniente dal  personale delle aree pedagogiche, delle aree sanitarie, di polizia penitenziaria impiegato negli istituti che non può lasciare indifferente ed inerme l’amministrazione.

Gli istituti sono delle bombe epidemiologiche pronte ad esplodere dove  le misure dell’ “io resto a casa” corrispondono per “chi resta in carcere”, siano essi detenuti o personale in servizio, la possibile crescita esponenziale del diffondersi del contagio e tutto ciò che ad esso consegue, non solo sul piano strettamente sanitario, aggravato dal piantonamento  del detenuto in ospedale, ma in termini della gestione dell’eventuale panico.

Ministro, nel corso del suo mandato lei ha sicuramente visitato alcuni istituti penitenziari e rilevato le croniche carenze strutturali, ora pensare che si possa lasciare in spazi così ristretti una fetta di popolazione che  lì  vive e lavora  viola il primario diritto alla salute.

 L’istantanea che ci fornisce il personale  rispetto alle misure predisposte nel decreto “cura Italia” circa la possibilità di accesso  alle misure alternative riguarderà una parte irrisoria delle persone ristrette, si parla di circa duemila casi, lasciando di fatto inalterata una situazione al collasso.

Come se ciò non bastasse e quandanche tali misure riuscissero a varcare la soglia dei presupposti oggettivi (tipologia dei reati, assenza rilievi anche lievi ecc..) troverebbero un ostacolo insormontabile da decenni.

Ostacolo evidenziato già con la legge c.d. “sfolla carceri” n.199 del 2010.  La stragrande maggioranza dei detenuti Ministro, quali  stranieri, tossicodipendenti, psichiatrici, non hanno una casa in cui tornare o, se ce l’hanno, rilevano problemi di gestione che richiedono strutture dedicate.

La richiesta della Direzione Generale dell’Esecuzione Penale esterna di verificare ed effettuare, nel terzo settore, una ricognizione delle strutture dedicate esistenti  sul territorio per favorire l’accesso alle misure alternative ha un sapore beffardo perché cozza con la necessità del “costo zero”.

La USB – Giustizia, essendo le misure previste assolutamente insufficienti ad  alleggerire la pressione negli istituti penitenziari, le chiede Ministro di adoperarsi, con la massima  urgenza,  a reperire le risorse necessarie ricorrendo, se del caso, ai fondi della Cassa Ammende per sostenere gli Enti, le Associazioni, le comunità in grado di accogliere i detenuti senza casa e senza riferimenti al fine di tutelare il diritto primario alla salute dei detenuti e di coloro che lavorano nelle carceri.

Sfoltire le carceri rappresenta, al di la dell’utilizzo giusto e sacrosanto dei DPI, una reale misura precauzionale per evitare il diffondersi del contagio.

La USB – Giustizia chiede ai responsabili in indirizzo, ciascuno per la propria competenza, di attivarsi per risolvere il problema perché il grido di dolore proveniente dalle carceri non può lasciare indifferenti.

In attesa di un sollecito riscontro si porgono cordiali saluti.